Pubblichiamo il testo dell’omelia del Vescovo di Como, cardinale Oscar Cantoni, nella Messa in Coena Domini, oggi giovedì 28 marzo, alle 18.00 in Cattedrale a Como.
Risurrezione” del Signore “centro di tutto l’anno liturgico”. Alle 18.00, in Cattedrale, il cardinale ha celebrato la Messa vespertina pontificale della “Cena del Signore”. In tutte le parrocchie della diocesi sono presentati all’inizio della celebrazione gli oli santi benedetti dal Vescovo nella messa crismale del mattino. I temi dominanti la celebrazione eucaristica, nella quale si fa memoria dell’ultima cena di Gesù, sono: l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio ministeriale e il comandamento dell’amore fraterno. La liturgia, pertanto, propone: il rito della lavanda dei piedi (il Vescovo ha lavato i piedi a 12 fedeli della parrocchia di San Fedele in Como); la solenne reposizione e l’adorazione prolungata dell’Eucaristia.
Qui di seguito il testo dell’omelia del cardinale Oscar Cantoni
Con la memoria del cuore, pieni di stupore, di affetto e di gratitudine, questa sera riviviamo il momento di profonda intimità in cui Gesù a Gerusalemme, sul monte Sion, presso la sala superiore, ha istituito l’Eucaristia. Lo ringraziamo per questo dono, che si rinnova ogni volta che facciamo memoria della sua Passione.
Gesù anticipa il segno del dono totale di sé sulla croce nonostante Egli sa bene che un suo discepolo, Giuda, di lì a poco lo avrebbe tradito. Chi di noi compirebbe un gesto simile conoscendo il prossimo tradimento di un nostro amico nei nostri confronti? Così Gesù, umile di cuore, pur sentendosi incompreso e sperimentando la ingratitudine degli amici, ci insegna a non rispondere al male col male, ma a perseverare nell’amore, a servire perfino il nemico, benedicendolo. Gesù lava i piedi a Giuda, e anche a Pietro, sempre molto sicuro di sé.
Il dono di sé sulla croce è manifestato da Gesù nel pane spezzato e nel vino versato, segno di un amore sovrabbondante e senza misura, attraverso cui Gesù si offre senza esigere nulla in cambio da nessuno, nemmeno la consapevolezza della preziosità del gesto che sta compiendo con i suoi discepoli. Amandoci fino alla fine, Gesù si espone alla libertà dell’uomo, che non sa riconoscere la magnanimità di Dio e fa fatica a ringraziare.
Noi stessi siamo sempre impreparati a ricevere il pane eucaristico, tanto che la liturgia ci fa ammettere umilmente la nostra indegnità ogni volta che stiamo per assumere il corpo e il sangue del Signore, tentati come siamo di accostarci con superficialità e leggerezza: “Signore, io non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato“. È il Signore stesso che ci purifica e così ci prepara a riceverlo con sempre maggiore consapevolezza, nonostante la nostra povertà. Papa Francesco ripete spesso che l’Eucaristia “non è un premio per i buoni, ma il pane dei peccatori”.
La misura della profondità dell’amore viene poi vissuta e quindi insegnata da Gesù quando Egli lava i piedi ai suoi discepoli, sottolineando così il primato del servizio. La grandezza di un uomo dipende dalla misura del suo dono.
Lavare i piedi era un compito riservato esclusivamente allo schiavo che nella casa preparava gli ospiti al banchetto. Abbassarsi fino a lavare i piedi equivale a donarsi accettando i compiti che ci vengono affidati, anche i più umili, per amore e solo per amore.
Se uno ama come Gesù, allora tutto diventa desiderabile e ogni servizio, compiuto non per forza, ma per amore, non può essere interpretato per nulla come una umiliazione o una retrocessione nella propria dignità.
Le esigenze dell’amore si estendono al di là dei servizi che svolgiamo nel nostro ambiente di vita. Se amiamo come Gesù allora siamo disposti a tutto, contenti come siamo di poter imitare il nostro Maestro, amando come Lui.
Oscar card. CANTONI